C 15 Pluralität und Autorisierung: Mehrsprachigkeit im Königreich Neapel (16. und 17. Jahrhundert)
(Romanische Philologie/Hispanistik, Italianistik, Sprachgeschichtsschreibung)

Institut für Romanische Philologie

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Rückschau

Vorträge der Projektleiter/Mitarbeiter

Workshop

2. und 3. April 2009
Attestazioni di plurilinguismo nel Regno di Napoli

Projektbeschreibung

Im Unterschied zu den zahlreichen eher gelehrten 'nationalen' Diskursen einer frühneuzeitlichen Sprachreflexion, die sich mit der Sprachenvielfalt beschäftigen, soll im Teilprojekt die konkrete kommunikative und sprachliche Praxis im spanischen Vizekönigreich Neapel des 16. und 17. Jahrhunderts exemplarisch untersucht werden. Die Strukturen und Spannungen einer gesellschaftlichen Mehrsprachigkeit, die eine lange Vorgeschichte hat, die aber nach 1500 durch die Integration Süditaliens in den spanischen Herrschaftsbereich eine neue Qualität bekommt, weisen eine Reihe von bisher kaum untersuchten Aspekten auf, die die soziokulturelle Dynamik von sprachlich-diskurstraditionellen Gestaltungen und Sprachverteilungen mit den entsprechenden Sprachkontaktphänomenen wie in einem Brennspiegel bündeln.
Es gilt also, die Vielsprachigkeit dieser zwei 'spanischen Jahrhunderte' im Blick auf Kommunikationsdomänen und Diskurstraditionen zu präzisieren. Die Verteilung der Idiome Neapolitanisch, Sizilianisch, Toskanisch, Spanisch (auch Katalano-Aragonesisch) und Latein (um nur die wichtigsten zu nennen) muß im Bereich der konzeptionellen Schriftlichkeit nach politischen, juristisch-administrativen, religiösen, wissenschaftlichen, militärischen oder merkantilen Kommunikationsbe-reichen differenziert werden, in denen Affinitäten zu gewissermaßen autoritativen Sprachverwendungen jeweils bereits existierten oder sich neu einspielen mussten.
Der Schwerpunkt wird aber auf der administrativ-juristischen, militärisch-politischen und der religiös-katechetischen Textproduktion liegen. Auch der Buchdruck wird hier als Indikator der Sprachverwendung wichtig. Neben den sachtextlichen Zusammenhängen wird auch der literarische Raum, der ebenfalls im Spannungsfeld der Mehrsprachigkeit steht, flankierend zu beachten sein.
Im angedeuteten gesellschaftlichen Kontext reagieren die unterschiedlichen Diskurs- und Texttraditionen mit ihren Finalitäten also auf eine Vielzahl von Kommunikationsbedingungen, was letztlich die pragmatisch und statusbezogene Sprachenwahl bestimmt; notwendig ist daher auch die Berücksichtigung von Sprachbewertungen und Sprachbewußtheit. Angesichts dieser Sachlage — Mehrsprachigkeit ist als Faktum ja gegeben — erscheint es vielversprechend, das Rahmenthema des SFB für das Vizekönigreich Neapel in umgekehrter Hierarchie zu profilieren und von 'Pluralität und Autorisierung' zu sprechen.
Das Projekt vertritt ein sprachgeschichtliches Programm, das auf die Überwindung des Nebeneinanders der zwei immer noch dominierenden diachronischen Paradigmen zielt, die beide einen bedenklichen Reduktionismus zeigen — die der historisch-vergleichenden Grammatik verpflichteten Positionen in bezug auf die sogenannten externen Faktoren überhaupt, die Nationalphilologien in bezug auf die Vielfältigkeit der historischen Konstellationen, deren Prozessualität übersehen oder zumindest unterschätzt wird, da die Sprachgeschichte teleologisch interpretiert wird, sich also gewissermaßen im Nationalstaat erfüllt und in der Entwicklung einer einheitlichen Nationalsprache ihren Ausdruck findet.
Die selektive Willkür bei der Berücksichtigung 'externer' sprachgeschichtlicher Faktoren zeigt sich etwa in der Art und Weise, wie der Beginn des normativen Diskurses über das Italienische und über das Spanische im 16. Jahrhundert dargestellt wird; teleologisch geleitete Darstellungen werten etwa die Prose della volgar lingua von Pietro Bembo (1525) und den Diálogo de la lengua von Juan de Valdés (1537) — völlig zu Recht — als zentrale diskursive Ereignisse der jeweiligen Einzel-Sprachgeschichten. Unberücksichtigt bleibt dabei allerdings die Tatsache, daß beide Texte im Italien des 16. Jahrhunderts entstanden sind. Für ein angemessenes (sprach-)historisches Verständnis dieser und anderer Texte ist es jedoch notwendig, gerade die Komplexität dieses gemeinsamen kommunikativen Raums einzubeziehen (vgl. Maurer 2001; Oesterreicher 2004a).
Man kann sagen, daß die Relativierung und die Korrektur der nationalphilologischen Partikulargeschichten im angedeuteten Sinne Ziel der Projektarbeit sind.

A differenza dei numerosi discorsi "nazionali", di carattere piuttosto dotto e tipici di una riflessione linguistica moderna, che si occupano della pluralità delle lingue, nel progetto C15 (Pluralità e autorizzazione: il plurilinguismo nel Viceregno Spagnolo di Napoli, XVI. e XVII. secolo) si desidera esaminare — a titolo d'esempio — la prassi comunicativa e linguistica nella sua concreta realizzazione sotto il Viceregno Spagnolo di Napoli nel Cinquecento e Seicento. Il plurilinguismo della regione e della metropoli in particolare ha una pre-storia molto lunga, ma dopo il 1500, assume una nuova qualità, con l'integrazione dell'Italia meridionale nel territorio spagnolo. Le specifiche strutture e le tensioni di questo periodo presentano una serie di aspetti finora poco indagati. Tali aspetti permettono di concentrare — come in uno specchio ustorio — la dinamica socioculturale delle configurazioni discorsive e delle lingue coinvolte assieme ai relativi fenomeni di contatto linguistico.
Si tratta dunque di definire precisamente il plurilinguismo di questi due "secoli spagnoli", focalizzando l'attenzione sui domini della comunicazione e delle tradizioni discorsive. La distribuzione degli idiomi napoletano, siciliano, toscano, spagnolo (anche catalano-aragonense) e latino (per nominare solo i più importanti) nell'ambito della scritturalità deve essere differenziata nei settori della comunicazione politica, giuridico-amministrativa, religiosa, scientifica, militare o mercantile, nei quali coesistevano — per così dire — usi della lingua già autorevoli e altri che dovevano ancora assestarsi.
Fulcro dell'interesse sarà la produzione di testi negli ambiti amministrativo-giuridico, militare-politico e infine religioso-catechistico. Anche la stampa è un importante indicatore dell'uso della lingua; accanto ai testi specialistici saranno presi in considerazione anche quelli letterari — anch'essi nella sfera di tensione del plurilinguismo.
Nel contesto sociale appena accennato, le diverse tradizioni discorsive e testuali, con le loro finalità, reagiscono dunque a una serie di condizioni comunicative; la scelta della lingua è quindi determinata dalla pragmatica e dallo status delle lingue stesse. Risulta dunque necessario prendere in considerazione anche i giudizi sulle lingue e la coscienza linguistica.
Di fronte a questo stato di cose — il plurilinguismo è assunto come dato di fatto — pare promettente di delineare l'argomento-quadro del SFB ('Autorità e Pluralizzazione') per il Viceregno di Napoli invertendone la gerarchia e parlando dunque di 'Pluralità e Autorizzazione'.

Il progetto persegue un programma di storia della lingua che si propone l'obiettivo di superare la compresenza dei due paradigmi diacronici ancora dominanti nella ricerca, presentanti entrambi un grave riduzionismo: da un lato i paradigmi che risultano dalla prospettiva della grammatica storica-comparativa riguardo ai fattori esterni in generale, dall'altro quelli delle filologie nazionali riguardo alla diversità delle costellazioni storiche, la cui processualità viene ignorata o almeno trascurata, poiché la storia della lingua viene interpretata teleologicamente, colmandosi per così dire nello Stato nazionale ed esprimendosi nello sviluppo di una lingua nazionale unitaria. L'arbitrio selettivo nella considerazione di fattori esterni della storia della lingua si manifesta per esempio nel modo in cui è raffigurato l'inizio del discorso normativo riguardante l'italiano e lo spagnolo nel Cinquecento. Rappresentazioni di orientamento teleologico valutano per esempio le Prose della volgar lingua di Pietro Bembo (1525) e il Diálogo de la lengua di Juan de Valdés (1537) a buon diritto come eventi discorsivi centrali della rispettiva storia della lingua. Tuttavia non si prende in considerazione il fatto che entrambi i testi siano nati nell'Italia del Cinquecento. Per una comprensione linguistica-storica adeguata di questi e di altri testi è però necessario comprendere la complessità di questo spazio comunicativo comune (cfr. Maurer 2001; Oesterreicher 2004).

Si può dunque dire che lo scopo di questo progetto è la relativizzazione e la correzione delle singole storie filologiche-nazionali nel senso sopraccennato.

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